Per andare subito diretti: quanto siamo noi, ad esempio, a creare aggressività in un cane o asocialità in un gatto; o quanto sono i nostri amici animali ad imporsi con il loro peculiare carattere? È la domanda delle domande, a cui dare una riposta non è semplice. Ma su qualche aspetto possiamo avere delle certezze. Cominciamo da quello che sappiamo sui rapporti con i nostri cani.

1. Un po’ di dati

Negli ultimi anni la letteratura scientifica ha esplorato con maggior dettaglio come la qualità del rapporto tra il cane e il suo proprietario/padrone (il «dyad» cane-uomo) possa influire sul comportamento sociale e cognitivo di quest’ultimo. E non sono poche le cose interessanti.

Prendiamo uno studio di un paio di anni fa (Modulation of dog–owner relationship and dog social and cognitive behavior by owner temperament and dog breed group) che ha esaminato in 440 rapporti cane/padrone, il temperamento del proprietario (variabili come affettività negativa, controllo volontario, sensibilità di orientamento) e la qualità del rapporto percepita (attraverso la scala MDORS – Monash Dog Owner Relationship Scale: vicinanza emotiva, costi percepiti, interazione). Contemporaneamente furono fatti test comportamentali sul cane (es. object-choice test, task insolubile, test di inibizione motoria).

Subito un chiarimento perché la ricerca, di solito, è molto dura nella sua terminologia e può causare fraintendimenti. Nella scala MDORS (Monash Dog–Owner Relationship Scale), che gli autori hanno usato per misurare la qualità del rapporto, ci sono tre dimensioni:

– Emotional Closeness (Vicinanza emotiva)

→ quanto il proprietario si sente affettivamente vicino al cane, lo considera “parte della famiglia”, ne trae conforto, compagnia, affetto.

– Dog–Owner Interaction (interazione con il cane)

→ la frequenza e qualità delle attività condivise (passeggiate, gioco, tempo insieme).

– Perceived Costs (Costi percepiti)

→ quanto il cane viene percepito come impegnativo, faticoso, fonte di vincoli o stress.

👉 Quindi per “costi percepiti” si intendono aspetti come:

•“Mi sento spesso limitato nei miei impegni per via del cane”;

•“A volte è difficile gestirlo o mi stanca”;

•“Occupa molto spazio mentale o tempo”;

•“Ho meno libertà da quando c’è”.

Risultato:

→  i proprietari con alta affettività negativa (cioè tendenza a preoccupazione, tristezza, ansia) avevano punteggi più alti sia di vicinanza emotiva che di costi percepiti nei confronti del cane.

→ Proprietari con buon controllo volontario (meglio gestire i propri impulsi/emozioni) avevano punteggi più bassi (migliore) sia di vicinanza emotiva elevata che di costi percepiti.

→  Anche l’attività fisica del cane (misurata nei test) correlava con la qualità del rapporto: cane molto attivo nei test → minore vicinanza emotiva percepita dal proprietario.

→  Il rapporto tra proprietario-temperamento e comportamento del cane variava inoltre in base al gruppo di razza: per es. i cani da pastore (herding) risultavano più sensibili alla temperamento del proprietario rispetto a razze “primitive”.

→ Una revisione sistematica di 29 studi ha cercato di individuare i determinanti di una relazione funzionante e soddisfacente tra cane e proprietario.

→ Essa conclude che non esiste un solo “modello perfetto” ma che molti fattori contribuiscono: caratteristiche dell’animale, caratteristiche del proprietario, contesto di vita, esperienze pregresse.

Questi risultati sono molto simili ad un altro studio che ha preso in esame fattori relativi alla personalità del proprietario, attaccamento cane-uomo e comportamento canino (in 131 coppie che avevano seguito un intervento clinico comportamentale) si è visto che la personalità/attaccamento del proprietario influenza i risultati del trattamento.

E anche altri lavori long-term mostrano che le aspettative iniziali del proprietario, l’auto-efficacia nel gestire il cane, e la percezione dei vantaggi/svantaggi dell’avere un cane cambiano nel tempo e influenzano la dinamica cane-padrone.

In sintesi: la ricerca suggerisce che chi è il proprietario, come si comporta e come vive il rapporto con il cane, conta – non solo in termini emotivi, ma anche rispetto al modo in cui il cane si comporta socialmente, come interagisce con gli umani, con gli altri cani, come si adatta a compiti cognitivi o problemi.

2. Conclusioni della ricerca

Dalle evidenze emergono alcuni messaggi chiave:

→  Il rapporto proprietario–cane non è solo “cura del cane” : è una vera relazione sociale/affettiva che può plasmare competenze, attitudini e comportamento del cane.

Una maggiore vicinanza emotiva percepita dal proprietario non garantisce automaticamente un “comportamento migliore” del cane nei test sociali/cognitivi, ma è associata a una relazione più stabile e soddisfacente. (Lo studio su 440 coppie segnalava che la qualità del rapporto non correlava fortemente con la performance nei test, anche se si osservavano alcune piccole connessioni)

→  Le caratteristiche del proprietario (temperamento, sensibilità, esperienza) sono importanti: ad esempio, proprietari con elevata “affettività negativa” tendono ad avere un rapporto più emotivo ma anche a percepire più “costi” nella relazione; proprietari con buon controllo degli impulsi tendono ad avere rapporti più equilibrati.

→  Il contesto (numero di figli, numero di cani in famiglia) può influire: ad esempio, più figli

→ minore vicinanza percepita con il cane.

→  Anche il tipo di cane/razza conta: razze da lavoro o da pastore sembrano più sensibili alle variabili del proprietario rispetto ad altre razze più “primitive”.

→  Un altro punto: le aspettative e la gestione dell’avere un cane influenzano la probabilità che emergano problemi comportamentali. Proprietari con convinzioni realistiche, esperienza, e che modulano bene le interazioni hanno meno probabilità di incorrere in difficoltà.

Messaggio pratico: più che “il cane è bravo/non bravo” la chiave sta in “come” il proprietario instaura e mantiene la relazione, nelle sue risposte, nella sua coerenza, e nella consapevolezza che il cane è un soggetto sociale con bisogni cognitivi e affettivi.

3. Spunti per modificare alcune pratiche dei padroni

Sulla base delle evidenze, ecco alcune raccomandazioni pratiche che un padrone di cane può adottare per favorire una buona socialità e un buon comportamento dell’animale.

Consapevolezza del proprio comportamento

Riflettere sul proprio stile: quanto tempo dedico al cane? Quanto sono consistente? Quanto sono “calmo”, prevedibile e coerente nelle mie interazioni?

Evitare di proiettare sul cane le mie ansie o frustrazioni: ad esempio, un proprietario con elevata affettività negativa può dare più attenzione, ma anche comunicare ansia o sovra-stimolazione al cane. È utile che il proprietario curi anche il proprio stato emotivo.

Favorire interazione significativa

Non basta solo la passeggiata: prevedere momenti di gioco, attenzione, letto o cane vicino, segnali di vicinanza ma anche momenti di “regole/ritmo”.

Allenare il cane a interagire con umani e cani esterni in modo controllato, graduale, con rispetto per il cane e per i suoi tempi: la socializzazione è parte integrante di una “buona” relazione.

Stabilire regole e routine

Il cane ha bisogno di prevedibilità: orari, regole chiare, limiti gentili ma costanti. Questo aiuta l’inibizione motoria, la gestione degli stimoli e di conseguenza una migliore socialità.

Se il proprietario è poco strutturato o troppo permissivo o troppo ansioso, il cane può risentirne in termini di comportamento impulsivo o poco regolato.

Stimolazione cognitiva e ambientale

Proporre attività che impegnino il cane: giochi di ricerca, piccoli compiti, obbedienza, interazione. Un cane stimolato è più sicuro, più equilibrato e più “socialmente” adeguato.

Evitare che il cane resti troppo tempo solo o inattivo, perché la noia, l’ansia o la mancanza di stimoli possono favorire comportamenti indesiderati.

Gestire i momenti di ansia o stress

• Se il cane manifesta ansia, aggressività, evitamento verso altri cani o persone, è importante non ignorare il segnale: cercare supporto, magari un bravo comportamentalista.

• Il proprietario deve imparare a “leggere” i segnali del cane, ad esempio segnali di calma, evitare di sovraccaricarlo di stimoli, rispettare il suo ritmo.

• Costruire un rapporto equilibrato.

Evitare che il cane diventi “ossessione” o “sostituto umano”: una buona relazione cane-uomo è basata su rispetto, ma non dipendenza eccessiva.

Dare al cane spazio per essere cane: socializzare con altri cani, correre, giocare, esplorare. Questo favorisce la “socialità” canina che poi si riflette anche nell’interazione con l’uomo.

•Ricordarsi della variabilità individuale.

Ogni cane è un individuo: la razza, l’età, il temperamento, la storia contano. Le raccomandazioni vanno personalizzate. Ad esempio lo studio citato sopra mostra differenze tra razze “herding” e “primitive”.

•Anche il proprietario va “allenato”: se è un principiante, può essere utile un corso di educazione per proprietari e cani, un gruppo di socializzazione, una consulenza comportamentale.

4. Come comportarsi se ci si trova in situazioni complesse padrone-cane

Ecco alcune indicazioni operative per proprietari o potenziali proprietari che stanno affrontando rapporti difficili o complessi con il proprio cane.

Se il cane non è sufficientemente sociabile (soffre la presenza di altri cani o persone, è ansioso, evitante):

• Fare valutare da un comportamentalista ­/ etologo: spesso non è soltanto “questione di allevamento” ma di relazione, contesto, esperienza, stimoli.

• Incrementare gradualmente occasioni di socializzazione: incontri controllati con cani equilibrati, corsi di socializzazione, uscite in luoghi nuovi ma tranquilli.

• Lavorare anche sulla gestione della propria emotività: se il proprietario è ansioso o in affanno, il cane “prende il segnale”. Mantenere calma, prevedibilità, coerenza.

Se la relazione proprietario-cane è sbilanciata (eccessiva ansia del proprietario, cane viziato o troppo dipendente, oppure cane ignorato)

• Stabilire limiti chiari: ad esempio, momenti in cui il cane non è sul divano o al centro dell’attenzione costante. Favorire momenti in cui il cane impara ad essere tranquillo da solo.

• Dare compiti al cane: giochi, apprendimento, comandi, coinvolgimento positivo. Questo aiuta ad aumentare la sua autonomia e la sua fiducia sociale.

• Verificare che il cane abbia contatti sociali canini e umani adeguati: non solo con il proprietario ma anche con “il mondo”. Questo favorisce equilibrio.

Se emergono comportamenti problematici (aggressività, ansia da separazione, iperattività, poca cooperazione)

• Intervenire presto: la ricerca mostra che la gestione-prevenzione è più efficace della “riparazione” tardiva.

• Analizzare il contesto: quantità di esercizio, stimolazione mentale, tempi di solitudine, relazioni con altri cani o persone, coerenza dell’addestramento, stile del proprietario.

• Collaborare con professionisti: etologo, comportamentalista, istruttore canino qualificato. Evitare soluzioni “cura fai-da-te” senza una diagnosi.

• Non dare per scontato che “il cane è così”: spesso un miglioramento della relazione padrone-cane (più tempo, più coerenza, più stimoli) può produrre cambiamenti significativi.

Se si sta pensando di adottare un cane

• Riflettere sul proprio stile di vita, disponibilità di tempo, esperienza, contesto sociale e spaziale.

• Informarsi sul tipo di cane: razza, storia, livello di socializzazione precedente. Il proprietario “adatto” al cane è parte integrante dell’equazione.

• Considerare l’investimento emotivo e gestionale: la relazione padrone-cane è un investimento continuo, non solo un acquisto. Le ricerche mostrano che le aspettative sbagliate contribuiscono a insoddisfazione o problemi.

Conclusione

Il rapporto tra cane e proprietario è molto più profondo e significativo di quanto spesso si pensi: è una relazione che coinvolge affetto, responsabilità, stimolazione, coerenza e rispetto. Le evidenze scientifiche suggeriscono che quando questa relazione è ben equilibrata, il cane tende ad avere migliori modalità di interazione sociale e comportamentale — e anche il proprietario ne beneficia in termini di soddisfazione, coesione e qualità della convivenza.

La ricerca principale che abbiamo usato e gli altri dati estratti sono in lingua inglese: ma se avete piacere di leggerla anche se in lingua inglese, cliccate qui per il link.